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Nel 1921 gli ultracentenari in Italia erano 49, nel 2004 erano 7700. Non c'è dubbio che la vita si è allungata molto nell'ultimo secolo, ma non abbiamo un'idea chiara del perché ciò sia avvenuto. Le scienze mediche hanno proposto diverse teorie sull'invecchiamento e oggi sappiamo molto di più di un tempo su questo tema, ma ancora non esiste una risposta definitiva alla domanda «Perché invecchiamo?»

Umberto Veronesi con il nuovo libro Longevità (Bollati Boringhieri, p.94, euro 8), affronta uno dei temi più attuali della società contemporanea. La maggiore longevità della popolazione è un dato di fatto, ma capire cosa significa invecchiare serenamente è un'altra cosa, perché non basta aggiungere anni alla vita, bisogna fare in modo che siano anni interessanti. Partendo da qui, sulla base della sua enorme esperienza, Veronesi ci invita a meditare sul nostro stile di vita, dando il giusto peso all'alimentazione, all'attività fisica, all'attività mentale e soprattutto alla curiosità.

«Credo di essere innamorato della curiosità in se stessa. Non mi accontento mai, la mia mente non è mai ferma. Amo il fatto di essere nato curioso e sono convinto che a tutti sia stato dato il medesimo dono, che poi è il senso dell'essere longevi. Più anni abbiamo a disposizione più possiamo imparare e conoscere».

  Longevità è un breve saggio che ha come tema principale l'invecchiamento, o meglio la capacità di ciascuno di invecchiare bene al di là della mera predisposizione genetica a farlo. Veronesi parte dall'osservazione del popolo giapponese, in particolare degli abitanti dell'isola di Okinawa: i più longevi al mondo. Una eccezione nell'eccezione dunque. In Giappone infatti, la durata della vita media è di 81,2 anni e i centenari costituiscono circa il 20% della popolazione complessiva.

  Le malattie cardiovascolari sono ridotte dell'80% rispetto all'America e i tumori del 40%, e lo stesso vale per le numerose malattie più o meno gravi che affliggono l'intera popolazione mondiale (osteoporosi, colesterolo, diabete, obesità etc..). Il merito di tutto ciò è da ricercarsi in due parole: ishokudoghen e yuimaru.

Con il termine ishokudoghen si intende un particolare stile di vita che prevede l'utilizzo del cibo come medicina; in particolare pesce, frutta, verdura, alghe costituiscono la maggiore fonte di sostentamento.

Il concetto di yuimaru ha invece un valore sociale, indica il senso di appartenenza ad una comunità e la possibilità di sentirsi utile nello stabilire le dinamiche interne ai vari ambiti comunitari: famiglia, villaggio, città etc. Oltre alle sane abitudini quindi, hanno valore certi comportamenti atti a mantenere ancora attivi non solo gli interessi e le attitudini, ma anche i ruoli all'interno della comunità. Per invecchiare bene non vale solo la regola del buono stato di salute fisico, ma conta la predisposizione mentale alla vecchiaia. Gli stimoli sono fondamentali, l'amore verso le persone gli animali e le cose favoriscono reazioni positive alla malattia, al lutto e alle abitudini in genere. Per questo ciascuno di noi può stabilire quando morire paradossalmente, perchè nel momento stesso in cui si rinuncia ad invecchiare consapevolmente, si rinuncia inevitabilmente a se stessi. Lo scopo è quindi quello di non perdere mai il contatto con se stessi, anche a cent'anni, ma di cercare di stabilire se esistono motivi per continuare a vivere e continuare a provare interesse per la vita.


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