La popolazione cresce grazie agli immigrati
I risultati emersi dall’IX edizione del Rapporto Osservasalute 2011 del Policlinico Gemelli confermano le tendenze emerse negli anni scorsi: si riscontra un tendenziale aumento della popolazione residente in Italia rispetto al biennio 2008-2009 imputabile, sostanzialmente, alla componente migratoria. Il saldo migratorio è positivo grazie, soprattutto, alla capacità attrattiva delle regioni del Centro-Nord.
Anche il movimento migratorio interno al Paese ha confermato i trend già evidenziati negli anni precedenti, ovvero il movimento in uscita dalle regioni meridionali (ad esclusione dell’Abruzzo).

La fecondità è in stallo
Il tasso di fecondità totale (Tft) è passato da 1,42 del 2008 a 1,41 del 2009 e le prime stime sul 2010 sembrano confermare questo trend.
Nel 2009 i valori del Tft più elevati si registrano nelle due Province Autonome, Trento (1,58), Bolzano (1,55) e in Valle d’Aosta (1,62); tutte al Sud le regioni con Tft particolarmente bassi: come per il 2008 sono Sardegna (1,13) e Molise (1,11); si aggiunge nel 2009 la Basilicata (1,18).
La fecondità delle straniere (2,23) è quasi doppia rispetto a quella delle italiane (1,31).

La popolazione è sempre più vecchia
Anche il Rapporto 2011 mostra la tendenza incessante all’invecchiamento della popolazione italiana, la quota dei giovani sul totale della popolazione è, difatti, contenuta, mentre il peso della popolazione “anziana” (65-74 anni) e “molto anziana” (75 anni e oltre) è consistente.
Nel 2010 la popolazione in età 65-74 anni rappresenta il 10,3% del totale, e quella dai 75 anni in su il 10%. Si confermano regione più vecchia la Liguria, regione più giovane la Campania.
È facilmente prevedibile che si assisterà a un ulteriore aumento del peso della popolazione anziana dovuto allo “slittamento verso l’alto” (ossia all’invecchiamento) degli individui che oggi si trovano nelle classi di età centrali, le più “affollate”.

Anziani sempre più soli
Oltre un anziano su quattro vive solo. È in Liguria che tale percentuale raggiunge il suo valore massimo (34,1%). Il valore più contenuto si registra nelle Marche (22,9%). Solo il 15,1% degli uomini di 65 anni ed oltre vive solo, mentre tale percentuale è decisamente più elevata, pari al 38% per le femmine. Sia la differenza di età fra i coniugi, sia la maggiore mortalità maschile rende le donne più a rischio di sperimentare l’evento vedovanza e, quindi, di vivere sole nell’ultima parte della propria vita.

Migliora la speranza di vita
Nel 2010 la speranza di vita alla nascita è risultata pari a 84,4 anni per le donne, 79,2 anni per gli uomini.
I dati indicano, per entrambi i generi, una ripresa della crescita della speranza di vita che sembrava essersi arrestata nei 2-3 anni precedenti. Complessivamente, dal 2006 gli uomini hanno guadagnato 0,8 anni, le donne 0,4 anni.

Nelle Marche gli uomini vivono più a lungo (80,1 anni), mentre per le donne è la PA di Bolzano (85,5 anni) quella con la sopravvivenza media maggiore. La Campania è, invece, la regione con la speranza di vita alla nascita minore tanto per gli uomini (77,7) quanto per le donne (83).

Meno morti, soprattutto tra i maschi
I dati del 2008 mostrano negli uomini un calo generalizzato della mortalità complessiva rispetto al 2007 (da 111,85 per 10.000 del 2007 a 110,92 per 10.000 del 2008), mentre per le donne il tasso risulta sostanzialmente costante (da 69,44 per 10.000 nel 2007 a 69,46 per 10.000 nel 2008).
Per le fasce di età più giovani si è verificata una sensibile diminuzione della mortalità dovuta al calo di tutte le principali cause di morte; nella fascia di popolazione più anziana si evidenzia, invece, un leggero aumento dei rischi di morte, pur in presenza di un’ulteriore contrazione della mortalità per malattie del sistema circolatorio e, per gli uomini, dei tumori e delle malattie dell’apparato respiratorio.


SALUTE

Italia sempre più grassa
Aumenta la percentuale di italiani che ha problemi con la bilancia: nel 2010, oltre un terzo della popolazione adulta (35,6%) è in sovrappeso, mentre una persona su dieci è obesa (10,3%); complessivamente, il 45,9% dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale (era il 45,4% nel 2009).
Confermato il gradiente Nord-Sud: le regioni meridionali presentano più persone in sovrappeso (Molise 41,8%, Basilicata 41%) ed obese (Basilicata 12,7%, Puglia 12,3%) rispetto alle regioni settentrionali (sovrappeso: PA di Trento 30,9% e Lombardia 31,4%; obese: PA di Trento e Liguria 7,8%).
Anche l’età pesa sulla bilancia. La percentuale di popolazione in condizione di eccesso ponderale cresce all’aumentare dell’età: il sovrappeso passa dal 15,7% della fascia di età 18-24 anni a oltre il 45% tra 65-74 anni, mentre l’obesità dal 3% al 16,2%. Nelle persone di 75 anni ed oltre il valore diminuisce lievemente (sovrappeso: 43,2% ed obesità: 13,8%).
Uomini peggio delle donne. Risulta in sovrappeso il 44,3% degli uomini rispetto al 27,6% delle donne ed obeso l’11,1% degli uomini ed il 9,6% delle donne.
Particolarmente preoccupanti i dati sui bambini in sovrappeso o obesi: pari, rispettivamente, al 23% e all’11% dei piccoli da 6 a 17 anni, con valori più alti nelle regioni del Centro e del Sud del Paese.

Anche quest’anno lieve aumento degli sportivi, ma l’Italia resta sedentaria
Continua il trend in lieve crescita degli sportivi, già visto nella precedente edizione del Rapporto: nel 2010 il 22,8% della popolazione italiana con età ≥3 anni pratica con continuità, nel tempo libero, uno o più sport. Al contempo, la percentuale dei sedentari è diminuita (da 40,3% a 38,3%), soprattutto tra le donne.
 L’abitudine all’attività fisica non è uguale in tutte le regioni. Esiste un gradiente Nord-Sud con livelli maggiori di pratica sportiva nella PA di Bolzano (38,3%) e in Veneto (29,4%); i valori più bassi spettano a Campania (14,7%) e Sicilia (15,7%).


Meno frutta e verdura
Forse anche per colpa della crisi, che fa impennare i prezzi di frutta e verdura, in Italia cala il consumo consigliato di frutta e verdura.
Per la prima volta dal 2005, si registra un calo seppur limitato del numero di porzioni consumate/giorno (4,8% vs 5,7%). A mangiarne di più sono coloro che spesso consumano i pasti a mensa e al ristorante.

Costante il consumo di alcool
La prevalenza dei consumatori a rischio è pari al 25% degli uomini e al 7,3% delle donne, senza differenze significative rispetto alla precedente rilevazione.


Costante diffusione del fumo
Nonostante le campagne anti-tabagismo e la maggior consapevolezza dei rischi del fumo, nel nostro Paese fuma ancora una persona su 4.
Il vizio è diffuso, soprattutto, tra i soggetti di 25-34 anni (uomini 39,7%; donne 24,4%).
Diminuisce il numero di sigarette fumate al dì: il numero medio di sigarette fumate quotidianamente è 12,7, in netta diminuzione rispetto al 2001 dove erano 14,7.

Malattie cardiovascolari
In Italia, la mortalità per malattie ischemiche del cuore (in primis infarto e angina pectoris) rappresenta una delle maggiori cause di morte (circa il 13% della mortalità generale ed il 33% del complesso delle malattie del sistema circolatorio), cosi come rappresenta una delle maggiori cause di morte in quasi tutti i Paesi industrializzati.
Nel nostro Paese, la mortalità per le malattie ischemiche del cuore continua a colpire quasi il doppio degli uomini rispetto alle donne.

Tumori
In Italia circa il 28% dei decessi è dovuto al cancro e, a causa dei processi di invecchiamento della popolazione, un numero crescente e rilevante di individui ha la probabilità di contrarre la malattia nel corso della vita.
Per quanto riguarda la classe di età 0-64 anni, il tumore del colon-retto al Centro-Nord, per gli uomini, il tumore della mammella in tutte le macroaree, per le donne, risultano essere quelli a più elevata incidenza.
Anche per la classe di età 65-74 anni, il tumore del polmone risulta essere ancora il più frequente tra gli uomini solo al Sud, mentre nel Centro-Nord il tumore più frequente è quello della prostata seguito dal tumore del colon-retto.
Per le donne tra i 65-74 anni, invece, il tumore della mammella risulta il più frequente.

Cresce la depressione
Anche a causa dell’attuale crisi economica che crea un disagio diffuso, l’uso di antidepressivi in Italia è cresciuto di oltre quattro volte in una decade (il consumo è passato da 8,18 dosi giornaliere per 1000 abitanti nel 2000 a 35,72 nel 2010). L’aumento dell’utilizzo interessa, indistintamente, tutte le regioni. Si noti però che le regioni del Centro-Nord, in particolare Toscana e Liguria, ma anche la PA di Bolzano, l’Emilia Romagna e l’Umbria, risultano avere consumi nettamente superiori rispetto a quelle del Sud.
Va sottolineato che l’aumento dell’uso di antidepressivi in Italia è in linea con il trend di consumo europeo ed è almeno in parte spiegabile come effetto della crisi economica che strozza l’Europa.
Oltre al maggior consumo di antidepressivi tout court, si rileva sia in Italia sia negli altri paesi europei una notevole crescita della percentuale di soggetti che hanno ritenuto nell’anno di avere necessità di aiuto psichiatrico e/o psicologico: la richiesta di aiuto è aumentata del 10% negli ultimi 5 anni, soprattutto tra gli over-40, lavoratori manuali e disoccupati.


Aumentano i suicidi
Per quanto l’Italia si collochi tra i Paesi europei a minore rischio di suicidio, ed il tasso di mortalità per suicidio si sia ridotto nel tempo a partire dagli anni ‘80, nell’ultimo anno preso in considerazione in questa edizione del Rapporto si evidenzia una ripresa (3.799 casi).
Il suicidio è un fenomeno connesso alla salute mentale della popolazione ed i tassi di suicidio risultano essere più elevati tra i celibi e le nubili rispetto ai/alle coniugati/e.
Nel 77% dei casi, il suicida è un uomo. Vi è una variabilità geografica marcata, con tassi maggiori nelle regioni del Nord.
 

Fonte: IX edizione del Rapporto Osservasalute 2011 del Policlinico Gemelli.  

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