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Per secoli gli alchimisti hanno cercato di realizzare un elisir di giovinezza combinando nei loro crogiuoli ingredienti nobili.  Ispirandosi ad una scienza che avrebbe partorito più tardi le moderne chimica, biologia e medicina hanno misurato, pesato, elaborato gli elementi della natura dagli ossidi dei metalli fino ai sali cristallini per cercare qualcosa che potesse riequilibrare il corpo, l’anima ed elevare lo spirito.

La loro ricerca combinava due aspetti fondamentali dell’esistenza umana: la qualità e la quantità.
Solo l’armonica combinazione dei giusti ingredienti nelle corrette proporzioni avrebbe potuto infatti costituire la base per i processi di ribilanciamento e di catarsi necessari per elevare l’uomo ad una condizione in cui potesse manifestare appieno il suo potenziale.

La moderna nutrigenomica afferma oggi che l’uomo puo’ esprimere il massimo del proprio “potenziale genetico”  ritrovando un rapporto armonico con l’ambiente che lo circonda, nutrendosi correttamente e conducendo uno stile di vita adeguatamente ricco di attività fisica, stimolante per l’intelletto e non troppo carico di stress.

Visto che i moderni processi agronomici e l’industrializzazione della produzione alimentare hanno significativamente ridotto la quantità di sostanze nutrienti dei nostri cibi è diventato difficile trovare in una dieta, ancorchè ricca e varia, tutto quello di cui abbiamo bisogno per mantenere un buono stato di salute.

E’ vero che le ipovitaminosi severe e gli stati carenziali gravi sono diventati rari nel mondo industrializzato, ma è anche vero che milioni di persone  si trovano per diverse sostanze nutrienti  in quella zona grigia in cui la carenza non è tale da portare all’instaurarsi immediato di una patologia ma è sufficiente ad indebolire l’organismo tanto da renderlo più suscettibile allo sviluppo di neoplasie o o di infezioni. E’ il caso della Vitamina D, la cui carenza grave porta al rachitismo mentre livelli ematici bassi ma considerati generalmente sufficienti, riducono l’efficienza del nostro sistema immunitario.

L’obiettivo da raggiungere non è solo quello di trattare la patologia già instaurata ma di costruire preventivamente un corpo in piena salute e capace di esprimere il massimo potere di autoguarigione e di omeostasi interna.

Da qui la ricerca di sostanze e di organismi che potessero avere un’attività pro-biotica in senso lato, ovvero favorevole nei confronti della vita. Alcune sostanze sono conosciute da secoli o addirittura usate da millenni nelle tradizioni asiatiche e sud americane. Tra queste la curcuma ed il tè verde, ricco in epigallocatechina gallato, potente antiossidante. Altre sono state scoperte dalla scienza moderna nel secolo scorso, come la maggior parte delle vitamine e dei batteri probiotici. Questi ultimi sono definiti come organismi vivi e vitali che introdotti in adeguate quantità con alimenti o integratori possono colonizzare l’intestino e apportare benefici all’ospite. Alcuni ceppi, come il Lactobacillus acidofilus NCFM ed il Bifidobacterium lactis BI-07, hanno dimostrato di dimezzare i giorni di malattia nei bambini che li assumevano durante il periodo invernale oppure di ridurre il gonfiore intestinale o la diarrea indotta da terapie con antibiotici. Altri hanno dimostrato di produrre vitamina B6 e B12 o sostanze ad azione antibatterica denominate BLIS (batteriocin-like inhibitory substance) capaci di inibire l’attecchimento e lo sviluppo di organismi patogeni.

  Se consideriamo il nostro intestino come un ecosistema, un piccolo mondo in cui vivono 1013 organismi (il numero di batteri supera addirittura il numero di cellule umane) dovremo tenere in alta considerazione anche il substrato o terreno in cui questo mondo si sviluppa. La membrana interna del nostro intestino, piegata in pliche, villi e microvilli offre una superficie pari (se distesa) a quella di un campo da tennis. Non un singolo millimetro di questa superficie è disabitato. Ogni nicchia disponibile viene colonizzata da batteri, funghi e virus. Il giusto terreno favorisce la crescita dei batteri ‘buoni’ il terreno sbagliato promuove l’attecchimento e lo sviluppo di ospiti indesiderati come l’Helicobacter pilori, il Clostridium difficile o la Candida albicans.

Da oltre 40 anni il professor M. Robertfroid studia come migliorare questo terreno apportando le giuste fibre. Non solo quelle insolubili, capaci di richiamare acqua e promuovere il transito, ma anche quelle solubili che vengono digerite dai batteri con produzione di acidi grassi a catena corta come il butirrato, primaria fonte energetica della nostra parete intestinale. I frutto-oligosaccaridi (FOS) e  le inuline sono catene di zuccheri che noi non digeriamo e che quindi arrivano inalterate nell’intestino, dove possono esercitare la loro azione benefica per la flora intestinale e indirettamente per noi.
Queste fibre hanno meritato la qualifica di prebiotiche, ovvero capaci di nutrire e bilanciare la flora  e di esercitare un’azione favorevole sul transito e sulla funzionalità intestinale.

Quindi probiotici e prebiotici non possono certo mancare se abbiamo in mente di costruire il perfetto aiuto per la funzionalità intestinale. Ma quali altri ingredienti possono svolgere un ruolo altrettanto importante? Quali obiettivi dovrebbero raggiungere?

E’ più semplice partire dagli obiettivi per individuare poi le sostanze più adatte.
Sappiamo che una disbiosi intestinale provoca malassorbimento di molti nutrienti; quindi dovremmo trovare un modo per fornire questi nutrienti. Alcuni di questi sono carenti anche in larghe fasce della popolazione non affetta da disturbi intestinali, come ad esempio lo iodio, il magnesio, il selenio.

Un recente studio epidemiologico condotto in Francia su oltre 5.000 pazienti, denominato SU.VI.MAX2, ha evidenziato una insufficiente assunzione di magnesio nel 77% delle donne e nel 72% degli uomini che hanno partecipato all’indagine. Si trattava di persone comuni e non affette da particolari disfunzioni o patologie.

Un aminoacido condizionalmente essenziale è la glutammina. Quest’aminoacido viene ampiamente utilizzato dalle cellule a rapido ricambio, come gli enterociti intestinali, nei processi di duplicazione e replicazione del materiale genetico. Visto che ogni giorno 100 miliardi di queste cellule muoiono e devono essere rimpiazzate, possiamo renderci conto di quanto possa essere alto il fabbisogno di L-glutammina e di quanto facilmente possano verificarsi stati carenziali. L’integrazione di L-glutammina si è rivelata benefica in pazienti soggetti ad interventi chirurgici, radioterapia o terapie antibiotiche.

Il rapido ricambio cellulare degli enterociti intestinali ha un risvolto molto importante per la verifica degli interventi nutrizionali indirizzati alla salute intestinale. Visto che ogni 3 giorni circa ricambiamo completamente la superficie del nostro intestino possiamo riscontrare gli effetti di corretti interventi riequilibratori molto più rapidamente rispetto ad altri distretti a ricambio più lento come ad esempio il tessuto osseo.

Un altro obiettivo importante è quello di contrastare l’infiammazione che si puo’ instaurare quando eccediamo con i “cibi spazzatura” ricchi di zuccheri semplici o grassi saturi. In questo caso è importante selezionare sostanze naturali che abbiano la capacità di modulare la risposta infiammatoria e l’espressione genica di enzimi come la lipossigenasi o la ciclossigenasi senza produrre gli effetti indesiderati dei più aggressivi FANS. Alcune sostanze come la curcumina o l’estratto di Boswellia serrata hanno questo tipo di azione.

La curcumina, spezia dall’intenso  e caldo colore, è conosciuta e apprezzata da millenni tanto che la medicina Ayurvedica l’ha inserita nella formulazione di centinaia di rimedi e addirittura nell’alimentazione quotidiana come ingrediente principale del curry. L’aureo aspetto della spezia ci fa pensare  all’incorruttibilità del metallo simbolo del sole. E quasi a confermare la sua incorruttibilità la curcumina viene scarsamente metabolizzata perhè il nostro organismo non possiede meccanismi di assorbimento attivi ed efficienti per questa molecola. L’antica saggezza indiana ha quindi escogitato un sistema per superare questa difficoltà. I Vaidya, medici appartenenti alla casta sacerdotale, hanno scoperto che basta associare la curcumina a piccolissime quantità di piperina, sostanza estratta dal pepe nero, per aumentarne in maniera notevole l’assorbimento.  Moderne tecniche hanno permesso di decuplicarne la biodisponibilità.

Andiamo adesso a focalizzare la nostra attenzione su un aspetto delicato e controverso dell’omeostasi cellulare che si traduce concretamente in funzionalità d’organo e di apparato: lo stress ossidativo.   Numerose sostanze naturali ci possono aiutare a neutralizzare i radicali liberi che si formano in ogni via metabolica. L’incredibile struttura predisposta dalla natura per questo difficile compito vanta eroici paladini la cui incessante opera è indispensabile per la nostra sopravvivenza.
I loro nomi sono: acido ascorbico (Vit. C), glutatione, coenzima Q10. Queste sostanze naturalmente presenti in ogni cellula umana non vengono eliminate dopo che hanno esercitato la loro azione ma riciclate da sistemi specializzati come ad esempio la coppia redox formata da acido alfa lipoico e acido diidro lipoico. Possiamo quindi rinforzare le nostre difese contro lo stress ossidativo fornendo al nostro organismo fonti alimentari o integratori contenenti le sostanze sopra elencate.

Altre sostanze di origine vegetale, anche se non facenti parte dell’armamentario presente nel corpo umano, hanno ampiamente dimostrato in studi clinici controllati di proteggere le cellule dai danni derivanti dallo stress ossidativo, di proteggere e riparare il nostro patrimonio genetico conservato nella doppia elica del DNA e infine di contrastare la perossidazione dei lipidi, causa prima dei processi aterosclerotici. La più nota e più attiva di queste sostanze, denominate polifenoli, è l’epigallocatechina gallato (EGCG) del tè verde. Altre non meno interessanti sono la quercetina ed il resveratrolo.

Stiamo per completare questo puzzle in cui abbiamo cercato di mettere insieme gli ingredienti ideali per un efficace trattamento dei più comuni disturbi intestinali. Intervento che dovrebbe:


  • contrastare la disbiosi e le alterazioni della flora intestinale con i probiotici e i prebiotici;


  • contrastare le eventuali carenze e malassorbimento con il magnesio, il selenio, le vitamine del gruppo B, lo zinco e lo iodio;


  • sostenere la duplicazione degli enterociti e la riparazione delle microlesioni intestinali con l’L- glutammina;


  • contrastare lo stress ossidativo e i danni cellulari con la Vit. C, la Vit. E , l’epigallocatechina gallato e l’ acido alfa lipoico;


  • modulare i processi infiammatori con la curcumina .


Esistono in commercio numerosi prodotti fitoterapici, fermenti ed integratori in cui questi ingredienti sono presenti separatamente.

Adesso possiamo anche trovarli riuniti in una formulazione nutrigenomica innovativa denominata Nutrimonium© realizzata grazie al contributo di un biochimico americano, il dott. Jeffrey Bland, considerato uno dei padri della medicina funzionale.
La medicina funzionale considera la funzionalità gastrointestinale uno dei pilastri fondamentali della salute generale al pari di una buona detossificazione epatica e di una efficienza del sistema immunitario.

Nutrimonium©  è disponibile in  confezioni da 14 o 28 bustine o in un conveniente barattolo da 56 porzioni.

Uso: Sciogliere una bustina o 2 misurini di polvere in  succo di frutta, latte di riso, latte di soia, yougurt.  Per ottenere una bevanda da gusto gradevole e nel contempo nutriente e fresca consigliamo di frullare il contenuto di una bustina con 100ml d’acqua ed un frutto di stagione.

Precauzioni e controindicazioni: Il prodotto non è indicato in gravidanza, allattamento e nei bambini al di sotto dei 6 anni.  

Fonte: Maurizio Salamone  






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